CMC (Carbossi Metil Cellulosa) …La trama s’ispessisce

Nell’ambito dello specifico settore dell’arte bianca l’impiego della CMC e suoi derivanti direttamente negli impasti hanno visto gli albori con la diffusione delle problematiche cliniche dovute all’assunzione di glutine.

La mancanza di strutture proteiche come le gliadine e le glutenine in grado di reticolare una maglia, con effetti reologici importanti, migliorare l’accettabilità del prodotto, la consistenza e la durata di conservazione hanno portato alla necessità di trovare alternative; una di queste è proprio la CMC e i suoi derivati.

Il mondo degli emulsionanti dietetici è complesso e i loro effetti, non sempre positivi sull’organismo umano, stanno solo iniziando a essere scoperti.

A causa della loro ubiquità, queste sostanze sono consumate quotidianamente a bassi livelli nella dieta umana. Studi in vitro e in vivo recentemente pubblicati (1) suggeriscono che l’esposizione alimentare agli emulsionanti modula il microbiota intestinale e contribuisce alla crescente prevalenza delle malattie metaboliche. Alcuni di questi sono difficili da interpretare ed estrapolare agli esseri umani e non sono supportati da precedenti conclusioni sulla sicurezza delle autorità internazionali competenti.

Potrebbero quindi non suggerire necessariamente un problema di sicurezza, ma piuttosto riflettere una risposta adattativa del microbiota intestinale a un fattore di stress esterno. Altri invece (2) (4) condotti nel 2015 hanno espresso chiaramente come la CMC abbia causato alterazioni a carico de microbiota intestinale del topo, essere stata la causa di obesità (5) nello zebrafish o essere responsabile dell’alterazione del microbiota intestinale (6).

Il tratto intestinale è abitato da una vasta e diversificata comunità di microbi indicati collettivamente come microbiota intestinale. Mentre il microbiota intestinale fornisce importanti benefici al suo ospite, specialmente nel metabolismo e nello sviluppo immunitario, il disturbo della relazione microbiota-ospite è associato a numerose malattie infiammatorie croniche, denominate Sindrome da Malattie Metaboliche.

Il mezzo principale con cui l’intestino è protetto dal suo microbiota è una struttura di muco multistrato che ricopre la superficie intestinale, consentendo così alla stragrande maggioranza dei batteri intestinali di essere tenuti a una distanza di sicurezza dalle cellule epiteliali che rivestono la cavità intestinale.

Pertanto, gli agenti che interrompono le interazioni muco-batteri potrebbero avere il potenziale per promuovere malattie associate all’infiammazione intestinale. Lo studio ha rivelato che, nei topi, concentrazioni relativamente basse di due emulsionanti comunemente usati, vale a dire carbossimetilcellulosa e polisorbato-80, hanno indotto infiammazione di basso grado e obesità/sindrome metabolica negli ospiti wild-type e promosso colite robusta nei topi predisposti a questo disturbo.

Gli stessi autori che avevano condotto lo studio sui topi (2) , nel 2022 hanno pubblicato uno dei pochissimi studi condotti sull’uomo (3) Randomized Controlled-Feeding Study of Dietary Emulsifier Carboxymethylcellulose Reveals Detrimental Impacts on the Gut Microbiota and Metabolome  nel quale affermano che, rispetto ai soggetti di controllo, il consumo di CMC ha aumentato il disagio addominale postprandiale e ha perturbato la composizione del microbiota intestinale a tal punto da ridurne la  diversità.  Inoltre, i soggetti alimentati con CMC hanno mostrato cambiamenti nel metaboloma fecale , in particolare riduzioni degli acidi grassi a catena corta e degli amminoacidi liberi.

Le conclusioni alle quali arrivano gli autori riguardano il fatto che l’ampio uso di CMC (inteso come dose eccessiva negli alimenti, consumo ripetuto più volte al giorno e perpetuato per tutta la vita nel caso di pazienti obbligati ad una alimentazione senza glutine o similare) contribuisce ad aumentare l’incidenza  di una serie di malattie infiammatorie croniche alterando il microbioma e il metaboloma intestinale.

 

Se da una parte l’utilizzo di CMC e suoi derivati è stato ritenuto sicuro (7) , ottenendo addirittura per l’idrossi propil metil cellulosa il riconoscimento di due claims dall’EFSA (8), dall’altra si affiancano lavori che suggeriscono un impatto potenzialmente dannoso della CMC se utilizzata come additivo alimentare.

 

Un discorso similare è quello riferito alla gomma o farina di guar ottenuta dall’ endosperma  di una pianta leguminosa (Cyamopsis tetragonoloba) originaria dell’India e utilizzata in moltissimi alimenti per le sue proprietà addensanti.

È derivata dal fagiolo di guar e funge da additivo, con la sigla E412, in moltissimi alimenti confezionati (salse, yogurt, maionese, creme, gelati, mix già pronti per prodotti gluten free, confetture, prodotti da forno, cakes, bevande, budini, sughi, latti fermentati, succhi di frutta, formaggi, ecc.) ed è ​​generalmente sicura per le dosi e il consumo saltuario di uno specifico prodotto alimentare.

Nonostante sia stata rivalutata nel 2017 dall’EFSA, (18) è fondamentale fare alcune considerazioni al fine di acquisire una maggior consapevolezza soprattutto per chi segue un’alimentazione sana, “genuina”, uno stile di vita definito “salutare”, che pensa di mangiare un alimento “pulito” e poi si trova la presenza di CMC e derivati, gomma di guar ecc.

E’ doveroso ricordare che può:

  • Causare reazioni allergiche (9), (10) soprattutto a chi è allergico alla soia.
  • Incrementare l’infiammazione intestinale nei pazienti con ISB (11)
  • Avere dubbi sulla riduzione della Glicemia (12)
  • Avere effetti neutrali sulla riduzione dei TG (13), o inconsistenti sia su TG o colesterolo HDL (17) o nessuno. (19)
  • Determinare reazioni avverse che superano i benefici per la riduzione del peso corporeo (14) o avere effetti inconsistenti sulla riduzione del peso corporeo sui soggetti con diabete di tipo 2 e inconcludenti sul controllo metabolico lipidico. (20)
  • Aumentare la colite. (15)
  • Peggiorare l’infiammazione del colon in tre diversi modelli sperimentali di infiammazioni al colon. (16)

Sommando quindi la dose contenuta in tutti gli alimenti che mangiamo, si potrebbe arrivare all’assunzione di dosi tali da causare effetti collaterali a livello intestinale come flatulenza, meteorismo, diarrea e nausea, oltre ad un significativo assorbimento di nutrienti utili all’organismo.

Se assunta contemporaneamente ad antibiotici inoltre, la gomma di guar, può limitarne l’assorbimento.

In conclusione, vorrei precisare che questo approfondimento ha lo scopo di:

  • Aumentare la consapevolezza e l’attenzione quando si acquista un prodotto alimentare.
  • Stimolare la lettura delle etichette.
  • Non pensare che aprendo sempre una busta, sacchetto di mix già pronto, la praticità sia sinonimo di ottima salute nel tempo.
  • Non seguire i messaggi insistenti degli influencer, professionisti della comunicazione, ecc., ma a ragionare con la propria testa.

Nel frattempo … la trama s’ispessisce; la salute umana deve venire prima di ogni forma di marketing, pertanto leggete le etichette e fate le vostre valutazioni!

Dott.ssa Simona Lauri

 

 

NOTE:

 

  1. https://ift.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/1541-4337.12410
  2. https://www.nature.com/articles/nature14232
  3. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0016508521037288
  4. https://www.mdpi.com/2072-6643/13/10/3565
  5. https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0141813020345268
  6. https://academic.oup.com/ecco-jcc/article/15/6/1068/6041235?itm_medium=sidebar&itm_source=trendmd-widget&itm_campaign=Journal_of_Crohn%27s_and_Colitis&itm_content=Journal_of_Crohn%27s_and_Colitis_0
  7. https://www.intechopen.com/online-first/85429?trk=public_post_comment-text
  8. https://www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/1739
  9. https://www.cureus.com/articles/94322-anaphylaxis-after-consumption-of-guar-gum-containing-food-a-report-of-two-cases#!/
  10. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1398-9995.2007.01369.x
  11. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8180737/
  12. https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0168822723000797
  13. https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0939475321004117
  14. https://www.amjmed.com/article/S0002-9343(01)00702-1/fulltext
  15. https://academic.oup.com/cdn/article/6/Supplement_1/992/6606945
  16. https://www.gastrojournal.org/article/S0016-5085(21)00106-2/fulltext
  17. https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0002916523433357
  18. https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.2903/j.efsa.2017.4669
  19. https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1756464621002541
  20. https://www.scielo.br/j/rn/a/ZmZR46GFfJmY9FtBkf9XTNq/?lang=en

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Un metodo infallibile e sconosciuto per scoprire se il pesce posto in vendita è fresco oppure no

Durante un sopralluogo commerciale presso una pescheria, uno dei controlli più importanti da effettuare è verificare che il pesce posto in vendita sia fresco.
Visto che in commercio “nulla si spreca”, potrebbe capitare di avere a che fare con un pescivendolo “furbo” che ha mescolato pesce rimasto invenduto qualche giorno prima (e tenuto in frigo o in congelatore), con il pesce di giornata.
Purtroppo è una truffa abbastanza frequente che al sottoscritto è capitata diverse volte nel corso degli anni.
Esiste un metodo infallibile per scoprire se il pesce posto in vendita è fresco oppure no e lo spiego nel video.
Una volta applicata questa tecnica che, ripeto, da una certezza quasi del 100 %, occorre usare le procedure tradizionali di verifica, chiedendo l’intervento del servizio veterinario della ASL che provvederà al prelievo dei campioni nel rispetto della normativa vigente.
L’articolo 2, comma 12 del D.Lgs n. 27/2021 infatti prevede che:
“Il  personale  e  le  forze  di  polizia  afferenti  ad  altre Istituzioni che, nell’ambito dello  svolgimento dei controlli condotti per la propria attività istituzionale, sospettino la presenza di non conformità nei settori di  cui  al  comma  1,  ne  danno  tempestiva segnalazione alle Autorità competenti.”

I “settori del comma 1” sono:
“[omissis] a) alimenti, inclusi i nuovi alimenti, e la sicurezza alimentare, in tutte le fasi  della  produzione,  della  trasformazione  e  della distribuzione di alimenti comprese le norme relative alle indicazioni nutrizionali e il loro coinvolgimento nel mantenimento dello stato di salute fornite sui prodotti  alimentari,  anche  con  riferimento  ad alimenti contenenti allergeni e  alimenti  costituiti,  contenenti  o derivati da OGM, nonche’ la fabbricazione  e  l’uso  di  materiali  e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti; [omissis]”

Piero Nuciari

 

 

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Vendita carciofi: a pezzo o a peso?

L’articolo 16 del Codice del Consumo (D.Lgs.  6 settembre 2005, n. 206) stabilisce che:
“1. Sono esenti dall’obbligo dell’indicazione del prezzo per  unità di misura i prodotti per i quali tale indicazione non risulti utile a motivo della loro natura o della loro destinazione, o sia  di  natura tale da dare luogo a confusione. Sono da considerarsi tali i seguenti prodotti:

  1. a) prodotti commercializzati  sfusi  che,  in  conformità  alle disposizioni di esecuzione della legge  5  agosto  1981,    441,  e successive modificazioni, recante disposizioni sulla vendita  a  peso netto delle merci, possono essere venduti a pezzo o a collo; Ai sensi dell’art. 10 del dm 21 dicembre 1984, per vendita a pezzo di merci allo stato sfuso si intende la vendita di merci il cui prezzo sia fissato per unità di prodotto [omissis]”

Per vendita a collo si intende la vendita di più pezzi omogenei contenuti in un imballaggio.

Possono essere vendute a pezzo o a collo le merci per le quali tale modalità di vendita risulti dalla ´Raccolta provinciale degli usi’ effettuata dalle camere di commercio ai sensi del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011. Possono altresì essere venduti a pezzo o a collo i prodotti ortofrutticoli calibrati conformemente alle norme di qualità che li riguardano e omogenei (prodotti della stessa qualità, varietà, provenienza e dello stesso grado di maturazione).

I carciofi sono venduti a pezzo, in relazione ai rispettivi usi camerali, in diverse province. Per ciò che concerne invece la vendita a collo, in imballaggi, si osserva il regolamento (Ce) 19 agosto 2003, n. 1466.

La raccolta provinciale degli usi, depositata presso la camera di commercio, è un documento che raccoglie le consuetudini e le prassi commerciali vigenti in una determinata provincia. Questo documento ha lo scopo di fornire una fonte di informazione e di orientamento per gli operatori economici, le associazioni di categoria, gli enti pubblici e i giudici che devono risolvere controversie in materia di commercio. La raccolta provinciale degli usi è elaborata da una commissione composta da rappresentanti della camera di commercio, delle organizzazioni imprenditoriali e sindacali, delle professioni e delle istituzioni locali. La raccolta provinciale degli usi deve essere aggiornata periodicamente per tenere conto delle evoluzioni del mercato e della normativa.

Piero Nuciari

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