Lezione di arte bianca n. 51
La verità è un concetto sul quale hanno dibattuto, per secoli, moltissimi filosofi, arrivando ciascuno a definirla a modo proprio.
Non mi addentro sulle considerazioni filosofiche, di cui per altro ho già esposto un piccolo e modestissimo pensiero personale a questo link https://www.quotidiemagazine.it/archivio/2019/numero-6-giugno-2019/editoriale-giugno-2019 poiché non avrei né le conoscenze né le competenze né la presunzione di disquisire di questi temi.
Nella vita reale, troppo spesso però, si assiste alla manipolazione della “verità” a scopi prettamente di business, marketing, immagine, soldi, non conoscenza, superficialità, ecc., usando non solo qualche messaggio pubblicitario aziendale scorretto e falso, ma, per dirla con una parola molto social, da parte di “influencer” che, pagati da aziende, influenzano il mercato delle vendite, le scelte commerciali e convincono i loro followers ad acquistare un prodotto piuttosto che un altro.
Il concetto di verità, quindi, è volutamente manipolato per convenienza, a tal punto da far passare un’ASSOLUTA NON verità per …esattezza scientifica a tutti gli effetti.
Dal marketing aziendali ai Regolamenti, Leggi, Decreti … il passo è breve!
Partiamo quindi da un semplicissimo esempio di “errori” (non cercate, però, di far passare veri e propri errori scientifici come “refusi”, perché ricadremmo nel concetto appena espresso!) che sono apparsi in una norma che ha segnato la nuova Era dell’etichettatura, ma che contiene citazioni di assoluta non verità: Reg. Ue 1169/11 e più precisamente il suo Allegato II.
Il comma 1 dello stesso, nella prima riga, riporta due NON verità:
- Cita un nome commerciale coperto da brevetto aziendale tra i cereali, equiparando un termine prettamente aziendale e di marketing/business con nomi generici di cereali universalmente riconosciuti nel mondo scientifico. Solo nel 2014 con il Reg Ue 78/14 si apporterà la modifica. Allo stato attuale però, quando si cita l’Allegato II del Reg. 1169/11, difficilmente, ci si ricorda o si conosce il Reg. 78/14 perpetuando, ogni volta, lo stesso errore e spacciandolo per “verità” scientifica nonché …“legge”. (E’ vero per forza perché è scritto nella norma!)
- Riporta come gli sfarinati contengano glutine, avvallando non solo una disinformazione importante, ma un vero e proprio errore scientifico.
Il glutine è riconosciuto dalla scienza universale come una maglia viscoelastica che si forma solo ed esclusivamente nel momento in cui particolari strutture proteiche insolubili in acqua, presenti negli sfarinati di alcuni cereali, siano sottoposte a idratazione e azione meccanica.
Tale struttura proteica quaternaria, costituita da prolammine (gliadine nel frumento, orzeine nell’orzo e segaline nella segale) e da glutenine, è il complesso proteico responsabile della plasticità e al contempo dell’elasticità dell’impasto.
A loro volta, le gliadine e le glutenine, comprendono numerose strutture proteiche caratterizzate da minime differenze (variabilità naturale delle cultivar) sia nella composizione amminoacidica sia nella struttura che si complessano tra loro mediante numerosi legami e interazioni di vario genere; dai ponti disolfuro (-S-S-) ai legami idrogeno, dalle interazioni idrofobiche e ioniche ai cross-links tirosina – tirosina fino alle interazioni di Van der Waals.
E’ comunque importante rilevare che i legami, che si formano durante l’impastamento, continuano nelle fasi successive; si rompono e si rigenerano in ogni step. Solo alcuni cereali, quelli cioè che per loro natura contengono quelle specifiche proteine, possono creare, nei prodotti della lavorazione successiva, la maglia glutinica; lo sfarinato contiene le proteine ripiegate allo stato nativo ma NON il glutine tal quale come riportato nella norma europea.
Nella quotidianità della vita reale la situazione non cambia molto. Per anni, alcuni professionisti medici, nutrizionisti ospiti in convegni, testate giornalistiche, programmi televisivi, si sono occupati di esaltare, per puro marketing/ business o per pigrizia culturale loro, la digeribilità, il benessere, la salute che si acquistavano mangiando il pane e la pizza contenenti l’additivo colorante artificiale E153, noto al grande pubblico come carbone vegetale. Tutte fake plateali, abissali e di marketing!
Gli OSA, purtroppo moltissimi in questo caso, che hanno creduto a tutti questi professionisti l’hanno usato per circa tre anni e nessuno ha mai verificato se fosse “verità” o, ancora peggio, se il suo utilizzo negli impasti fosse lecito; sequestri, verbali e chiusure hanno fermato lo tsunami della falsità tanto esaltata dal marketing, contestando agli OSA il reato di sofisticazione alimentare con l’aggravante della pubblicità ingannevole.
Sempre nel campo delle sofisticazioni alimentari rientra l’aggiunta degli additivi coloranti E171, E172, ecc., nello zucchero “a velo” per impartire la tanto amata colorazione ORO, ROSSA ecc., tipica del periodo natalizio, sempre riferito al Reg Ue 1129/11, ma che impunemente, anche in questo caso, è ignorata dagli organi di controllo.
Una situazione analoga si sta verificando anche con claim o incipit pubblicitari che qualche OSA usa impunemente solo per attirare la clientela e vendere il prodotto, quando esalta proprietà salutistiche, pone l’accento su condizioni climatiche molto particolari, esalta il benessere, le caratteristiche curative, la lunga vita, la riduzione dell’IG o divulga volutamente falsità analitiche senza citare alcuna casistica bibliografica e/o riscontro statisticamente significativo, basato su dati scientifici pertinenti e rapportati ai prodotti della stessa categoria. Questo è il caso dei messaggi sulle confezioni che riportano la dicitura “a basso contenuto di glutine”, “a ridotto contenuto di grassi” quando il confronto o non è eseguito, oppure non è realizzato sulla media dei prodotti similari, appartenenti alla stessa categoria, come da norma europea.
Non parliamo poi di messaggi pubblicitari irrilevanti, basati unicamente su virtuosismi lessicali tanto di fantasia quanto estremamente falsi e ingannevoli come: “farina integrale da macinazione extravergine”, “100% grano da selezione climatica”, “farina 000” per comunicare proprietà inesistenti.
Sempre nella NON verità scientifica si ricade quando s’inventano i claim come il tanto di moda “senza lievito”, “senza lievito aggiunto”, da parte di qualche pizzaiolo, panificatore artigiano che deve esaltare unicamente la tecnica delle fermentazioni spontanee, vantando e inventando peculiarità microbiologiche assolutamente disinformanti, false e pericolosissime.
In questo caso specifico le sanzioni sono pesanti e ricadono quasi tutte nel Codice Penale, oltre a verbali per violazione di Reg. CE 852/04, art. 5 Legge 283/62 ecc., come più volte sottolineato su questa testata tramite articoli specifici e interviste (vedi quella pubblicata anche questo mese e rilasciata dal Dott. Alessio Pacchini Asl Toscana) rilasciate da addetti ai controlli ispettivi sanitari nei panifici e nelle pizzerie i cui testi possono essere scaricabili a questi link:
http://www.pieronuciari.it/wp/fermentazione-spontanea-pane-pizza-la-salute-rischio/
Concludo questo mio modestissimo articolo con una considerazione personale; è triste, per non dire di peggio, vedere aziende e OSA artigianali che, pur di vendere il loro prodotto e farsi pubblicità personale sui social, si affidano alla falsità piuttosto che alla verità seria ed onesta di un investimento scientifico reale. “l’argent est le nerf de la guerre” o meglio “c’est l’argent qui fait la guerre”; personalmente, a questo punto, aggiungerei “fino a quando ti va bene…poi…”
Dott.ssa Simona Lauri